Africa For Italy – We Are the World

13 novembre 2009

Si inizia a fare un po’ di luce sull’omocidio di Stefano Cucchi. Fondamentale il racconto del supertestimone:

Il super testimone. Determinante, a questo proposito, la testimonianza di un immigrato africano detenuto che avrebbe assistito alla scena. L’uomo, hanno ricostruito gli inquirenti, riuscì a parlare con lui, a udienza di convalida conclusa, mentre venivano portati nel carcere di Regina Coeli. Nella richiesta di incidente probatorio, infatti, la procura di Roma spiega che il testimone chiave della vicenda, trovandosi il 16 ottobre nelle celle di sicurezza del tribunale, “udì e vide agenti della polizia penitenziaria in divisa colpire Cucchi” da cui ebbe, dopo, alcune confidenze mentre andavano in carcere a Regina Coeli.

L’Italia che viene ammonita dall’ONU sul trattamento inflitto agli immigrati e condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per le ingiustizie della sua giustizia e delle sue prigioni, ora deve contare sull’educazione civica e il coraggio di un immigrato africano per amministrare giustizia. Anche qui, lo Stato ha bisogno dell’immigrato, anche come insegnante di educazione civica. Tutto si tiene. We are the world.

Intanto nuovi particolari emergono dal diario clinico del “paziente Cucchi Stefano, nato a Roma l’1-10-78”.  Come scrive Repubblica:

Dei suoi cinque giorni di ricovero nella corsia di ospedale che è stata la sua tomba. Del lavoro di chi – accusa oggi la procura – chinandosi al suo capezzale ne ha sottovalutato la sofferenza fisica e psicologica, fino “a lasciarlo morire”. (…)

Il 21 ottobre, dopo che le ventiquattro ore precedenti sono state riassunte in una sola riga (“Il paziente rifiuta la visita”), in corsia è di nuovo la dottoressa Stefania Corbi. “Si propone nuovamente al paziente reidratazione endovenosa – scrive – Ma il paziente rifiuta perché vuole prima parlare con il suo avvocato e con l’assistente della comunità Ceis. Rifiuta anche di alimentarsi, come sta facendo sin dall’ingresso per lo stesso motivo. Per lo stesso motivo rifiuta anche di effettuare ecografia dell’addome”.

Quella di Stefano Cucchi è stata lotta civile non violenta, di matrice ghandiana, contro il sopruso dello stato che negava se stesso insieme all’avvocato richiesto come suo diritto da Stefano. La ragione, lo stato di diritto, il civismo, la civilta’ e’ dalla parte di Cucchi e di quell’immigrato africano.