Orwell, la libertà di stampa e il paese dei gattopardi

orwell2“If liberty means anything at all it means the right to tell people what they do not want to hear.” [Se libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente quello che la gente non vuole sentire]

Cosí scriveva George Orwell nel 1945 in un breve saggio, The Freedom of the Press [La libertà di stampa], prefazione al suo racconto Animal Farm [La fattoria degli animali] che – il destino non è senza ironia – doveva rimanere censurata per 27 anni. Solo nel 1972 infatti quella prefazione, The Freedom of the Press, venne pubblicata in The Times Literary Supplement. Il saggio conclude:

“Ma almeno lasciamo perdere il nonsenso sul difendere la libertà contro il Fascismo. Se libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente quello che la gente non vuole sentire. La gente comune ancora vagamente sottoscrive a quella dottrina e agisce di conseguenza. Nel nostro paese (…) sono i liberali che temono la libertà e gli intellettuali che vogliono infangare l’intelletto: è per attirare l’attenzione su questo fatto che ho scritto questa prefazione”.

Le parole di Orwell rimbombano nell’Italia di oggi come campane che annunciano la morte della Repubblica: sono coloro che si proclamano liberali che hanno paura della libertà e gli intellettuali che vogliono infangare l’intelletto. La classe degli intellettuali italiani, da molto tempo organizzatasi in casta, ha praticato l’auto-censura e taciuto l’essenziale. Sempre pronti ad acclamare il vincitore dalle colonne dei giornali della borghesia piu’ ignorante d’Europa, sempre disponibili ad apparire in TV per soddisfare un’ego fuori controllo e far ingrassare il conto in banca, gli intellettuali italiani, con pochissime, nobilissime eccezioni, sono stati alla finestra o si sono uniti all’orgia di potere che ha ridotto libertà e democrazia in fin di vita nel nostro paese.

Silvio Berlusconi non è la patologia all’interno di un sistema sano; Berlusconi rappresenta la fisiologia di un sistema in cangrena da decenni. Un sistema di potere chiuso, asfittico, immobile, corrotto, autoreferenziale, omertoso, ignorante, isolato dal resto del mondo, proietatto verso il passato, contrario a qualsiasi riforma. Un sistema familistico e tribale che rifiuta il diritto di cittadinanza, la competizione, la meritocrazia, la legalità e dove il nome di famiglia e l’appartenenza al clan sono la valuta accettata nelle universita’, negli ospedali, nelle redazioni dei giornali, in televisione, nello spettacolo, nell’industria e nella finanza.

C’è chi vorrebbe addossare a Berlusconi la responsabilità di tutto questo, la personificazione del male. E’ tipico delle società primitive semplificare, deformare, mitizzare la realtà, imprigionarla e nasconderla agli occhi profani con l’aiuto di dei e demoni. Ora l’uomo forte a cui affidarsi, il duce, l’unto dal Signore; ora il capro espiatorio da sgozzare e sacrificare agli dei.

E’ una vecchia storia che si ripete e che gli intellettuali preferiscono dimenticare insieme ai nomi di quei dodici professori universitari che rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista. Dodici uomini su 1250 professori ordinari che non riuscirono a tradire il loro amore per la libertà e l’intelletto nemmeno sotto gli stivali di Mussolini. Quei nomi meritano di essere ricordati: Ernesto Bonaiuti, Mario Carrara, Gaetano de Sanctis, Giorgio Errera, Giorgio Levi Della Vida, Fabio Luzzatto, Piero Martinetti, Bartolo Nigrisoli, Francesco ed Edoardo Ruffini, Lionello Venturi, Vito Volterra.

Espressione di poche famiglie che la controllano a proprio uso e consumo, la casta dell’informazione, istituzionalizzata nell’Ordine Fascista dei giornalisti (solo in Italia!), sembra abbia scoperto – in un sol colpo d’illuminazione – la libertà di stampa e il popolo italiano, chiamando a raccolta il secondo per difendere la prima. Un popolo di sudditi che scende in piazza e si lascia guidare dai collaborazionisti di un regime che non conosce soluzione di continuità da quasi novant’anni è uno spettacolo patetico anche nel paese dei gattopardi. Ma almeno lasciamo perdere il nonsenso sul difendere la libertà contro il Fascismo.

6 Responses to Orwell, la libertà di stampa e il paese dei gattopardi

  1. […] L’ho gia’ scritto molte volte su questo blog, Silvio Berlusconi non è la patologia all’interno di un sistema sano; Berlusconi rappresenta la fisiologia di un sistema in cangrena da decenni. Un sistema di potere chiuso, asfittico, immobile, corrotto, autoreferenziale, omertoso, ignorante, isolato dal resto del mondo, proietatto verso il passato, contrario a qualsiasi riforma. Un sistema familistico e tribale che rifiuta il diritto di cittadinanza, la competizione, la meritocrazia, la legalità e dove il nome di famiglia e l’appartenenza al clan sono la valuta accettata nelle universita’, negli ospedali, nelle redazioni dei giornali, in televisione, nello spettacolo, nell’industria e nella finanza. C’è chi vorrebbe addossare a Berlusconi la responsabilità di tutto questo, la personificazione del male. E’ tipico delle società primitive semplificare, deformare, mitizzare la realtà, imprigionarla e nasconderla agli occhi profani con l’aiuto di dei e demoni. Ora l’uomo forte a cui affidarsi, il duce, l’unto dal Signore; ora il capro espiatorio da sgozzare e sacrificare agli dei. […]

  2. […] siamo già espressi sulla libertà di stampa in Italia e sulla manifestazione di sabato scorso a Roma. Abbiamo fatto notare le contraddizioni, […]

  3. […] Si legga: Orwell, la libertà di stampa e il paese dei gattopardi […]

  4. […] Lo scriveva già Orwell nel 1945, “sono i liberali che temono la libertà e gli intellettuali che vogliono infangare l’intelle…. […]

  5. […] indetta dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI). Abbiamo già scritto sulla libertà di stampa e su questa manifestazione che doveva originariamente svolgersi il 19 settembre ma poi rinviata a […]

  6. […] Abbiamo già scritto cosa ne pensiamo della manifestazione indetta per sabato 19 settembre dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI), con il titolo “No all’informazione al guinzaglio”. La retorica è stucchevole; se per la FNSI “l’informazione non si fa mettere il guinzaglio”, l’Ordine Fascista dei Giornalisti – istituto che non ha corrispondenti nemmeno nella Repubblica delle Banane – “partecipa convintamente alla manifestazione del 19 settembre. La libertà di stampa è un bene prezioso che faremmo bene a difendere sempre e in tutte le sedi: difficile da conquistare, faticoso da conservare, facilissimo da perdere”. La satira è davvero morta. […]

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